Cara Italia amate sponde...

 



Forse anche in Italia l'epidemia da Covid si riuscirà a combattere e, prima o poi, si tornerà ad una vita regolare: in altri paesi occidentali ed europei sembra essere così. Non dappertutto purtroppo perché l'Asia e il Sud America e gli altri paesi in via di sviluppo sono invece ancora drammaticamente alle prese con la pandemia. Anche in Italia nessuno può sottovalutare i gravi danni economici e le sventure individuali di moltissime famiglie, piccoli imprenditori e i lavoratori poco protetti. Tragedie umane che potranno forse essere risolte solo con la rapidità dell'uscita del nostro Paese dall'epidemia attraverso, come si è visto, una veloce e organizzata attività vaccinale.

L'Italia è riuscita, quasi miracolosamente, a liberarsi di un Presidente del Consiglio vanitoso ma incapace e a trovare attraverso il Presidente Draghi un uomo universalmente apprezzato che è riuscito a coalizzare quasi tutti i partiti del Parlamento. D'altronde l'articolazione regionale del Paese non ha favorito una rapida organizzazione vaccinale né le condizioni spesso subculturali del nostro popolo ma qualche risultato si comincia a vedere.

Il rischio resta politico perché Salvini, stretto tra il qualunquismo della Signora Meloni che sembra portargli via voti e la concreta partecipazione al governo dei suoi ministri, alcuni assai capaci come Giorgetti, scalpita ma sta arrivando a grandi falcate il "semestre bianco"; cioè il periodo in cui il Presidente della Repubblica non può più sciogliere il Parlamento.

Il buonsenso consiglierebbe di utilizzare questo periodo per rimettere, per quel che si può, a posto la situazione sanitaria ma anche quella economica del Paese che, occorre ricordare, da più di 20 anni ha un PIL modesto e qualche volta negativo.
Per questa ragione la proposta dell'ex Sindaco di Milano Albertini acciocché, perlomeno nelle grandi città, si costruiscano delle giunte con uno schieramento simile a quello del governo potrebbe lanciare un momento di operosa ricostruzione del nostro tessuto economico e sociale così come è già avvenuto molti anni fa subito dopo la guerra col piano Marshall.

Non è una soluzione da sottovalutare frettolosamente come da qualcuno è stato fatto ma da valutare tenendo conto della realtà europea che negli ultimi tempi, quasi stranamente, sembra guardare all'Italia con rinnovato interesse.


(GP)




N. ord. 20

Commenti


  1. Colgo l’occasione del sempre ottimo e condivisibile articolo di Giacomo Properzj per un argomento di riflessione a margine: oltre ai problemi economici, stiamo assistendo, causa COVID, all’emergere in campo sanitario di un regionalismo regressivo ed ‘anarchico’, in cui i cosiddetti ‘governatori’ sembrano a capo di altrettanti ‘despotati’ indipendenti, quasi con un ritorno all’Italietta degli stati preunitari.

    C’è da chiedersi se non avessero ragione i padri del Risorgimento a temere a suo tempo i progetti di ‘discentramento’ (Cavour-Minghetti) volti all’ introduzione delle regioni, previste dall’attuale Costituzione.

    Qualcuno ha autorevolmente proposto un ‘piano per rifare lo Stato’, vedi: https://www.limesonline.com/cartaceo/il-piano-e-rifare-lo-stato?prv=true.

    Due giorni fra si è celebrato (in Francia) il Bicentenario della morte di Napoleone, ma da noi nessuna commemorazione (a parte qualche mostra museale). Il che la dice lunga sulla nostra memoria storica e sull’ausonica coscienza identitaria. Venerato o detestato (certo per le grandi spoliazioni), una cosa però la si deve riconoscere e ricordare: l'Italia unita, dopo secoli di frammentazione politica e asservimento, è nata storicamente, checché se ne voglia, per 'partenogesi' della Francia, prima grazie proprio a Napoleone il Grande (Presidente dalla Repubblica Italiana e Re d'Italia, 1802-1805), poi anche grazie a Napoleone III 'il piccolo' (suo nipote Luigi) alleato del Regno sardo nella Seconda Guerra di Indipendenza (1859), senza dimenticare l'italianità della famiglia Bonaparte, di risalenti origini toscano-lombarde (non è un caso del resto che lo stesso 'empereur' parlasse sempre un francese con accento italiano, con buona pace dei cugini d’oltralpe). Non basta?

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